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In Messico, il presidente Andres Manuel Lopez Obrador perde la battaglia per l’elettricità, ma vince la battaglia per il litio

I rappresentanti dell'opposizione celebrano il rigetto del progetto di riforma costituzionale per rafforzare la produzione pubblica di elettricità a scapito del settore privato, sostenuto dal presidente Andres Manuel Lopez Obrador, al Congresso di Città del Messico, 17 aprile 2022.

È un pugno per il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador, noto come “AMLO”. I delegati domenica 17 aprile hanno respinto il suo progetto di riforma costituzionale per rafforzare la produzione pubblica di elettricità a scapito del settore privato. L’iniziativa di punta di “AMLO” ha attirato l’opposizione del mondo aziendale e di Washington. Durante il processo, il presidente nazionalista di centrosinistra ha risposto ed è riuscito a convincere i delegati a votare lunedì 18 aprile su un disegno di legge che nazionalizza le attraenti riserve di litio del Messico.

Il giorno prima, i deputati dell’opposizione si sono uniti contro gli eletti del partito “AMLO” (Morena), dopo oltre dodici ore di aspri dibattiti, scanditi da reciproche accuse di “tradimento alla patria”† Morena ei suoi alleati non sono riusciti domenica a raggiungere la maggioranza qualificata (due terzi dei seggi) necessaria per emendare la costituzione per correggere l’apertura del mercato elettrico.

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Nel progetto di riforma la quota di produzione riservata alla Commissione Federale per l’Energia Elettrica (CFE) è stata portata al 54%, contro il 38% attuale, prevedendo la revisione dei contratti privati. Il testo concedeva anche allo stato lo sfruttamento esclusivo delle riserve di litio, un minerale popolare nello sviluppo delle batterie elettriche.

“Regressione”

Un testo portato a distanza da “AMLO”, che denuncia la fine del monopolio pubblico del CFE proclamato nel 2013 dal suo predecessore, Enrique Peña Nieto, del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI, centro). Da allora, il CFE è rimasto l’unico distributore di energia elettrica ai privati. Ma la produzione si è sciolta a favore di aziende straniere, perlopiù americane, ma anche spagnole (Iberdrola) o francesi (Engie), che in nove anni hanno investito oltre 40 miliardi di dollari (37,1 miliardi di euro).

“Dobbiamo riprendere il controllo del settore elettrico nazionale contro le decisioni perverse imposte dai neoliberisti e dai corrotti che sono soggetti agli interessi delle grandi corporazioni”, sostiene Andrés Manuel Lopez Obrador. Ma domenica Morena ei suoi alleati hanno raccolto solo 275 voti dei delegati, contro i 334 necessari per modificare la costituzione. “Questa riforma è una regressione”ha denunciato Alejandro Moreno, deputato del PRI, denunciando “violazione della libera concorrenza” Quella “distrugge l’ambiente”† Da nove anni le aziende private prediligono le fonti di energia rinnovabile e il gas naturale, mentre il CFE dispone principalmente di centrali termoelettriche inquinanti.

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