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Cecilia Alemani, Direttore Artistico: “La Biennale è un sismografo della storia che ne cattura tutte le vibrazioni”

La 59. Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia apre le sue porte al pubblico sabato 23 aprile, a tre anni di distanza dalla precedente edizione e in un contesto storico teso a causa della guerra ai confini dell’Unione Europea.

Migliaia di persone, professionisti e non, corrono a tutta velocità per le calli veneziane, i vicoli che costeggiano i canali. L’Esposizione Internazionale di Venezia, la più antica Biennale d’arte del mondo, festeggia il suo 127° anniversario. Cecilia Alemani, responsabile del Padiglione Italia nel 2017, è la direttrice artistica di questa attesissima 59ᵉ edizione.

Riflettori puntati sulla laguna dopo una pausa di tre anni durante i quali questa milanese emigrata a New York – dove è responsabile del programma di arte pubblica di High Line – ha trascorso mesi interminabili davanti a uno schermo zoomando sui laboratori degli artisti. straordinaria mostra intitolata “Il latte dei sogni”.

Tratto da un libro di fiabe di Leonora Carrington (1917-2011), questo titolo poetico ci conduce in una dimensione onirica, ricordandoci che il potere dell’immaginazione può portarci oltre i generi, i confini e anche la cruda realtà odierna.

191

Donne

Dei 213 artisti presenti alla Biennale, 191 sono donne. Una scelta consapevole di Cecilia Alemani, direttrice artistica di questa 59ᵉ edizione.

“La Biennale è un sismografo della storia che registra tutte le vibrazioni, comprese quelle che trascendono il mondo della cultura. Era già così durante le due guerre mondiali o durante le contese del 68”, ricorda il curatore.

Il punto di vista della donna

La prima italiana a guidare la Biennale non è la prima donna, ma sicuramente l’unica ad aver scelto così tante donne: 191 dei 213 artisti in tutto. Adottata senza ambiguità, l’idea è quella di riscrivere una storia dell’arte, sia dal punto di vista delle donne – o persone non di genere – sia senza una visione antropocentrica. La vita in senso lato trova il suo posto.

Le nazionalità rappresentate sono 58, ma nei cartelli sono in caratteri piccoli e il catalogo afferma chiaramente che la maggior parte di loro non vive più nel paese di origine. Questo fornisce una visione del mondo contemporaneo.

La mostra, costata 18 milioni di euro, interroga la rappresentazione dei corpi e la loro metamorfosi, il rapporto tra individui e tecnologia, nonché i legami tra i corpi e la terra. Argomenti molto attuali. Il percorso è scandito da cinque mini-mostre in mostra, capsule del tempo che puntano sull’arte storica per fornire ulteriori chiavi di lettura.



Il padiglione belga, rappresentato da Francis Alÿs e curato da Hilde Teerlinck, è uno degli 80 padiglioni nazionali di maggior successo.

Tra questi artisti c’è il La belga Jane Graverol (1905-1984), un surrealista degli anni ’60 si esibiva raramente. Ma la biennale rimane tematica, più critica che storica, con il genere, gli studi postcoloniali e i movimenti del wakeismo come sfondo.

Delle 1.433 opere, di cui 80 realizzate ad hoc per l’evento – a riprova del sostegno alle nuove generazioni – non dimentichiamo quella all’ingresso: il bellissimo elefante di Katharina Fritsch Vero il volto gigantesco di una negra di Simone Leigh (ospite del padiglione USA trasformato per l’occasione in capanna di paglia).

Il bellissimo elefante della tedesca Katharina Fritsch.
©EPA

giochi seri

Oltre al corso ufficiale, 80 padiglioni nazionali si uniscono alla loro scelta indipendente† Il padiglione belga, rappresentato da Francis Alÿs e curato da Hilde Teerlinck, è uno dei più riusciti. Dodici video mostrano una sorta di archivio di giochi per bambini nello spazio pubblico. L’artista di Anversa li colleziona dal 1999 durante i suoi viaggi nel mondo.



Artisti e curatori russi si sono ritirati in una sorta di autocensura. Il padiglione russo è quindi chiuso.

Catturare le immagini attraverso la loro spontaneità; ammiriamo l’atteggiamento libero e autonomo dei bambini che giocano anche nelle situazioni più contraddittorie.

Ma capiamo che il problema è diverso: molti di questi giochi stanno scomparendo a causa dei social media e del tempo sullo schermo† E la pandemia ha accelerato questo fenomeno. “The Nature of Game” ci ricorda che il gioco è una cosa seria che deve essere protetta.

“The Nature of Game” di Francis Alÿs nel Padiglione del Belgio.

Nell’Arsenale, l’installazione di Pavlo Makov, l’artista che rappresenta con orgoglio l’Ucraina, è stata salvata dalle bombe di Kharkov e trasportato a Milano in auto da Maria Lanko, una delle curatrici del padiglione. Qui l’opera fu riparata prima di rientrare a Venezia.

La Fontana dell’Esaurimento è una piramide di 78 imbuti attraverso i quali l’acqua scorre in due ruscelli. “L’opera doveva rappresentare l’esaurimento dei rapporti umani, del nostro rapporto con la natura. Il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa, questa stanchezza divenne realtà”, dice l’artista.

Artisti e curatori russi si sono ritirati in una sorta di autocensura. Il padiglione russo è quindi chiuso. La Biennale condanna fermamente la guerra, ma resta un luogo di dialogo. Speriamo che questa parola sarà presto nelle notizie.

“La fontana dell’esaurimento” dell’ucraino Pavlo Makov.
©FotoNotizie

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