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Putin, il culto della guerra

Di Isabelle Mandraud e Madjid Zerrouky

Inserito ieri alle 17, aggiornato ieri alle 18:22.

Dmitri Siline mostra un grande sorriso. L’8 aprile, questo piccolo imprenditore di Ivanovo, a nord-est di Mosca, distribuisce gentilmente copie di 1984, di George Orwell. Il famoso romanzo che descrive l’inferno del totalitarismo dopo una guerra nucleare è di gran moda in Russia. Secondo il quotidiano economico Vedomosti 12 aprile, le vendite aumentano. Ma l’iniziativa del libraio improvvisato, colto sul colpo da una foto pubblicata sui social, viene abortita. Una volta arrestato, ora deve rispondere in tribunale per il reato di … “denigrazione dell’esercito russo”. Un’accusa che testimonia l’assurdità dell’ordine marziale che regna in questo Paese, dove anche la parola ‘guerra’ è bandita.

Per non doverlo assumere, a rischio di 15 anni di reclusione, gli ultimi media indipendenti russi si sono sprofondati. Sotto la stessa pressione, i cittadini che osano sfidare questa legge del 4 marzo vengono perseguiti. La guerra in Ucraina non esiste. È un “operazione militare speciale” lanciato da Vladimir Putin il 24 febbraio per asservire un paese vicino, il suo presidente, Volodymyr Zelensky, e un governo qualificato come “Giunta nazista” “La guerra presuppone che il Paese contro cui stai combattendo sia indipendente, ma Putin non riconosce l’Ucraina, ai suoi occhi è stata un’operazione di polizia”, sottolinea la storica Françoise Thom, specialista in URSS e Russia. La resistenza ucraina, almeno nella prima fase dei combattimenti, ha rovinato i piani del Cremlino. Resta il divieto.

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Vladimir Putin, al potere da più di 20 anni, ha combattuto quattro guerre usando lo stesso sotterfugio. La seconda guerra cecena (1999-2009), in cui non esitò a posare al volante di un caccia Sukhoi, fu una “operazione antiterrorismo”. La guerra del 2008 in Georgia, una campagna “difendere i cittadini” nelle regioni separatiste dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia, dove erano stati distribuiti passaporti russi. Uno è iniziato in Siria nel 2015, nient’altro che a “intervento”, finito ” su richiesta “ del suo alleato Bashar Al-Assad, contro cui combattere “contro i terroristi internazionali”† Nel 2014, nel Donbass, nell’Ucraina orientale, è stata semplicemente negata la presenza di soldati russi a terra.

A bordo del loro camion, i soldati russi salutano i fotografi a modo loro mentre si preparano ad entrare in Cecenia dall'Inguscezia il 28 dicembre 1999.

La guerra non fa parte del vocabolario del capo del Cremlino, tranne quando si parla della “Grande Guerra Patriottica” del 1941-1945, la cui commemorazione, il 9 maggio, non ha cessato di fluttuare anno dopo anno, in forme sempre più grandiose manifestazioni, al servizio, non della memoria, ma di una preparazione degli animi al sacrificio di sé e all’idea che la Russia, come ieri, sarebbe sotto assedio. Forse si sarebbe dovuta prestare maggiore attenzione ai piccoli oggetti – queste ciabatte di feltro a forma di carro armato, per esempio – che sono proliferati nei mercati russi, oppure a questi cofani di automobili ricoperti di messaggi aggressivi riferiti alla conquista di Berlino nel 1945 : “Possiamo rifarlo.”

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