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Zineb Sedira dà uno sguardo dietro le quinte della sua stessa storia

I visitatori guardano i ballerini esibirsi nell'ambito della mostra

Non appena varchi la porta, è chiaro che qualcosa non va. Siamo in una sala da ballo, con un bar e le sue bottiglie sul retro, tavoli e sedie per terra e croci per terra e trattini disegnati con del nastro adesivo. Questa pratica è comune nel teatro, nella danza e nel cinema: guida gli artisti. Qui è il cinema che conta. La creazione originale di Zineb Sedira per il Padiglione francese ha come soggetto principale le riprese negli anni ’60 e ’70 in Algeria, dopo l’indipendenza, quando diversi registi vennero a lavorare lì.

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Ma questa storia poco conosciuta non si smaschera facilmente. Diventa a sua volta un film, quello che l’artista ha girato in questi set a gennaio e mostrato nello spazio allestito dietro. ” Dall’iniziolei dice, Sapevo che volevo convertire il padiglione in uno studio cinematografico, che ci sarebbero state scenografie, costumi. Che avrei girato lì e poi gli oggetti di scena sarebbero rimasti lì, come tracce di ciò che era successo, quasi come se dovessimo uscire dal panico dallo studio e lasciarci tutto alle spalle, le telecamere, i cavi, i mobili. † Tutto: bobine, libri, dischi, locandine di film, vestiti su un rack – quelli che l’artista indossa sullo schermo.

“Sono un po’ sciatto”

“Abisso” lei dice. In effetti, è impossibile dimenticare che ciò che stiamo guardando è stato messo in scena e messo in scena, poiché ciò che è stato utilizzato nell’operazione è ancora lì. Ma questo scambio tra oggetti e immagini ha un’altra conseguenza: crea un senso di appartenenza. Il film ha sequenze di estrema semplicità perché il trucco qui è non cadere in un effetto stilistico. “Sono un regista un po’ disordinato, dice l’artista stesso† Filmo, filmo, filmo, intuitivamente. Torno ore e ore di fretta e il montaggio è un lavoro enorme. † Questa volta è tanto più delicato perché nelle immagini dell’artista incorpora frammenti dei vecchi film che stanno all’origine del suo progetto. Il più presente è quello del regista italiano Ennio Lorenzini, girato nel 1964-1965, mani libereconsiderata perduta, di cui ha ritrovato un mulinello che è in restauro.

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Come garantire la coerenza di questi elementi eterogenei? Molto presente per via della voce fuori campo. ” Molto veloce, spiega l’artista Mi sono reso conto mentre scrivevo la voce fuori campo che poteva essere solo la mia storia, impigliata nella grande storia. Ho dovuto parlare di eventi intimi, perché sono legati al fatto che sono cresciuto tra la Francia e l’Algeria. † Infatti, la complessità della “grande” storia – la guerra, l’indipendenza dell’Algeria, la creazione di uno Stato – e la sua storia familiare – emigrazione, periferia, militanza – ha, sin dai suoi primi video, Madrelingua nel 2002 e Mamma, papà ed io nel 2003, punto di partenza del suo lavoro.

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